Gene Gnocchi debutta con la sua «Radio» al Bronson

«La questione è semplicissima: ci sono band musicali molto brave e anche molto accessibili, nel senso di melodiche e dall’appeal molto “pop”, che però rimangono escluse dall’airplay radiofonico. Ad esempio a Quelli che il calcio io facevo il mio ingresso su una canzone dei misconosciuti Riverboat Gamblers, gente che ha fatto alcuni dischi clamorosi, ma non li conosce nessuno. Poi in trasmissione tutti mi chiedevano chi fosse, e credo che la radio sarebbe il mezzo più adeguato per veicolare questa musica e le informazioni su chi la suona». La passione di Gene Gnocchi per la musica dovrebbe ormai esser cosa nota, quasi quanto quella per il calcio che mobilità la gran parte dell’attività del comico, residente a Faenza da qualche anno. Nei suoi eventi più estemporanei - diciamo così - Gnocchi ha ironizzato spesso e volentieri sul mondo del rock e la sua mitologia, come si ironizza su ciò che si ama davvero. E a proposito di quel che si ama davvero, accanto a lui nel nuovo format «Radio Gnocchi» c’è il figlio Ercole, tra microfoni e dischi.
«Radio Gnocchi» debutterà mercoledì 4 maggio al Bronson di Ravenna, per poi approdare all’Arci Bellezza di Milano il 6 maggio e al Locomitiv Club di Bologna il 10 maggio. «La cosa nacque molto casualmente qualche tempo fa – spiega Gene Gnocchi -. Ero allo Shakespeare, un locale di Parma dove si suona dal vivo, a presentare il mio libro. Così, la titolare del locale mi chiese se, dato il contesto, non avessi avuto voglia di far qualcosa di diverso. Presi la palla al balzo e coinvolsi mio figlio Ercole, che lavora in un importante studio d’incisione di Milano su produzioni internazionali, di darmi una mano e improvvisare una specie di dj-set radiofonico. In pratica abbiamo presentato il libro ma anche la musica che entrambi ascoltiamo».
E il pubblico cosa preferiva?
«Non saprei dirlo, ma di sicuro ha apprezzato anche la musica. Per me è stata una bella soddisfazione, come tutti quelli che amano la musica sono sempre felice di fare pubblicità alle band che mi piacciono».
Al Bronson cosa vedremo?
«Non si tratterà di un vero spettacolo, ma di una versione più strutturata e “raffinata” di quel che abbiamo fatto a Parma. Possiamo sicuramente considerarla una vera prima, questo sì, perché c’è uno studio dietro a una serata che avrà comunque carattere informale, si presta a venire riproposta ma con musiche diverse e molta interazione col pubblico. Ovviamente ci sarà qualche battuta e un po’ di sdrammatizzazione sulla storia del rock».
Quella che sta tornando in auge con i Rockin’1000 di Cesena…
«Beh, quella è un’iniziativa bella, curiosa e molto attuale. Ecco, magari io non mi sarei speso così per i Foo Fighters, avrei scelto altro, ma il risultato è stato notevole».
Che storie racconterete in radio?
«Il repertorio è vasto, mi piace ad esempio ricordare Gregg Alexander, il leader dei New Radicals che nel 1992 ha fatto un album solista strepitoso, o ai dischi della Graham Colton Band, tanto misconosciuti quanto belli».
Quanto conosce il mezzo radiofonico?
«Lo conosco bene, un po’ di anni fa avevo anche una rubrica sui libri a RadioRai, si chiamava “Gnocchi Esclamativi”, ma alla lunga, facendo più tv, l’ho abbandonata. Tra le due a un certo punto tocca scegliere, non c’è il tempo di farle allo stesso livello».

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