Giuseppe Antonelli, curatore della prossima mostra al Mar, racconta un Dante pop

Romagna | 24 Gennaio 2021 Cultura
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Elena Nencini
Curerà la prossima mostra per il Museo d’arte della città di Ravenna, ma Giuseppe Antonelli, oltre ad essere professore ordinario di Linguistica italiana presso l’Università degli Studi di Pavia,  svolge anche  diverse collaborazioni con i media, dall’inserto domenicale de Il Sole 24 ore alla trasmissione di Rai 3 Il Kilimangiaro, ha condotto su Rai Radio3 la trasmissione La lingua batte. 
A settembre 2021 il Mar ospiterà Un’epopea pop. Dante gli occhi e la mente, una mostra che viaggia su un doppio binario: la fortuna popolare di Dante, dal testo alle immagini, a cura proprio di Antonelli. E, in parallelo un percorso d’arte contemporanea, a cura di Giorgia Salerno, che proporrà una voce fuori campo, con opere di artisti contemporanei scelte in attinenza concettuale a riferimenti danteschi con temi guida come le anime, la figura femminile, il sogno, il viaggio e la luce. 
La mostra sarà l’evento clou delle Celebrazioni ravennate per il Settimo Centenario della morte di Dante, 
Antonelli, qual è il fascino di Dante oggi da un punto di vista dell’immagine?
«Il fascino di Dante è legato, più che alla sua immagine, al mondo che i suoi versi hanno saputo creare soprattutto nella Divina commedia e soprattutto nell’Inferno, la cantica più citata e conosciuta. Potremmo dire, in sintesi, che il suo fascino ha resistito nei secoli grazie alla potenza della sua parola».  
Secondo lei scoprire Dante attraverso canzoni, pubblicità, film è un mero fenomeno commerciale oppure può rivelare insoliti approfondimenti?
«Raccontare la tradizione pop(orale) di Dante è un modo per far conoscere un aspetto della sua secolare fortuna che finora non è stato indagato con sistematicità. Il primo obiettivo della nostra mostra è proprio questo: fornire una sistemazione a un materiale così vasto e variegato, organizzandolo in filoni e tradizioni tramite una specifica ricostruzione storica. La nostra speranza è che – raccontando Dante da questo punto di vista – si possa coinvolgere un pubblico il più vasto possibile: un pubblico che, incuriosito, sarà portato magari ad approfondire la conoscenza di altri aspetti della sua vita e della sua opera». 
Perché il merchandising dovrebbe usare l’immagine di Dante. Cosa rappresenta per gli italiani?
«Dante è esattamente quello che oggi si definisce un’icona: un profilo inconfondibile che racchiude in sé una storia inimitabile, una vicenda che nel tempo ha assunto contorni quasi mitici e come tale è nota un po’ in tutto il mondo. In termini pubblicitari, potremmo dire, Dante è al tempo stesso un brand e un testimonial: è un simbolo evocativo di valori positivi. E come tale è sfruttato dal marketing (o dalle réclame, come si diceva un tempo) almeno fin dall’Ottocento».
Anche in letteratura Dante è stato ‘usato’ per romanzi di successo come «Inferno» di Dan Brown (solo per fare un esempio). Lo trova irriverente?
«Quello creato da Dante è, come dicevamo, un grandioso mondo narrativo oltre che poetico: un mondo al quale attingere storie, personaggi, aneddoti o anche solo atmosfere che possono finire ancora oggi in romanzi e film, in fumetti e perfino videogiochi. Questo non fa che confermare la straordinaria dimensione di uno scrittore che riesce – in un modo o nell’altro – a superare i limiti non solo del tempo, ma anche dei vari generi». 
In epoca di social e di un italiano che si evolve di continuo la lingua di Dante può aver perso il su fascino?
«I due terzi del nostro lessico fondamentale, delle parole che usiamo più spesso nell’italiano contemporaneo, erano già attestati nella lingua di Dante: per questo possiamo chiamarlo, a buon diritto, padre della lingua. A lui risalgono anche molti modi quasi proverbiali ancora oggi molto usati anche nei social network: senza infamia e senza lode, le dolenti note, far tremar le vene e i polsi, cose che ’l tacere è bello, non ti curar di lor (che in realtà nel testo è: non ragioniam di lor) ma guarda e passa … ».
Ravenna e Dante, un legame forte. Cosa valorizzerebbe nella nostra città per legarla a Dante?
«Ravenna e il suo Museo d’arte rappresentano la sede naturale di una mostra come questa, perché sono luoghi in cui il culto e la memoria di Dante non hanno mai smesso di essere vivi a tutti i livelli: dal più intellettuale al più popolare. A confermarlo ci sono anche le celebrazioni che la città ha organizzato per questo settecentesimo anniversario della sua morte: celebrazioni che coinvolgono vari aspetti, varie arti, varie modalità, vari tipi di pubblico».
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