Guido Ottolenghi, Gruppo Pir: «Pronto a investire nel porto, ma ai clienti asiatici servono i fondali»

Senza fondale gli investimenti che ci possono essere sul porto non decollano. E’ interesse dell’impresa essere bene accetta nell’ambiente in cui opera, ma questo non può impedire le opere strutturali che servono: troppo spesso si trovano resistenze da parte di chi guarda solo interessi di parte e non della comunità. Insomma bisogna ritrovare lo spirito intraprendente degli anni Sessanta, quando nacque il porto. E’ questo il Guido Ottolenghi pensiero che il numero uno di Confindustria Ravenna ha espresso durante e a margine dell’assemblea annuale dedicata a «Impresa e ambiente».
Intanto qualcosa si muove. «La sensazione è che in tanti settori ci siano segnali importanti di movimento - spiega il numero uno degli Industriali ravennati -. Sul nostro territorio sono ripresi gli ordini dall’estero, è calata la cassa integrazione ed è aumentata la movimentazione portuale. Certo c’è tanta strada da fare per tornare ai livelli del 2008, dopo una crisi che ha sfiancato le nostre imprese e che ha cambiato il nostro tessuto produttivo. Molte imprese si sono ristrutturate e migliorate, altre non ce l’hanno fatta».
E tra le attività che crescono c’è anche quella di famiglia, il Gruppo Pir. «La movimentazione prodotti petroliferi ha cessato il declino e, anche se a livelli infinitesimali, ha invertito il trend - conferma Guido Ottolenghi -. L’attività della chimica tiene, mentre quella dei cereali e fertilizzanti ha ripreso con più vivacità».
Il Gruppo Pir ha in corso investimenti («la delocalizzazione di un impianto troppo vicino alla città a Porto Corsini»), mentre altri «che ci chiedono i nostri clienti sono fermi perché sono legati alla maggiore profondità dei canali, ma provenendo dall’Estremo Oriente hanno bisogno di portare navi superiori a quelle che possono portare attualmente».
La chimica a Ravenna «può e deve avere un futuro e lo spero tantissimo - conclude Ottolenghi -. Come altre attività ad alto contenuto tecnologico porta alti benefici al territorio, aumentando le conoscenze e la competitività dello stesso. C’è un’attività della moltiplicazione del beneficio che è enormemente grande e quando si dice no, non lo si dice solo a quell’investimento, ma anche a tutto quello di positivo che viene dopo».
c.f. - economia@settesere.it
Foto di Massimo Fiorentini