Le trentotto eccellenze della Romagna delle Dop e Igp che attraversano tutta la bassa via Emilia
Riccardo Isola - L’Emilia Romagna è uno dei forzieri dell’agroalimentare a livello mondiale. Tra prodotti freschi, lavorati e trasformati dall’uomo conta, per numero e qualità, il più ampio parterre che si possa incontrare. Un puntiforme atlante del gusto che da Piacenza arriva fino al basso riminese. A Nord e Sud della via Emilia le produzioni certificate, tutelate, i presìdi Slow Food rappresentano quindi un patrimonio inestimabile di saperi e di sapori che portano, non a caso, a definire la regione come la Food valley, non solo d’Italia ma d’Europa. In totale siamo a oltre 90, per la precisione ben 93. Un primato tra le regioni italiane che per numero di prodotti riconosciuti con la qualifica di Dop e Igp si arriva in totale a 44 (19 Dop e 25 Igp). A questi vanno aggiunti i 20 Presidi Slow Food e anche le 30 le Dop e Igp riguardanti le produzioni vitivinicole. Insomma stiamo parlando di numeri veramente importanti, sia in termini di Pil sia per quanto concerne la tutela, valorizzazione e promozione della biodiversità agroalimentare. Un paniere per tutti i gusti e le tipologie di produzione che arricchiscono in modo efficace l’attrattività anche turistica di questo territorio.
LA SITUAZIONE ROMAGNOLA
Portando il focus a stringersi attorno al territorio del «Passatore», quindi parliamo da Castel San Pietro fino alla bassa riminese, la fotografia ci restituisce un’immagine altrettanto variegata e ricca. In ambito di prodotti a denominazione protetta in questo territorio se ne contano in totale 12. Partendo dall’estremità Nord dei confini romagnoli il primo prodotto che si incontra è il Marrone Igp di Castel del Rio. A distanza di poche valli, procedendo verso Sud, incontriamo a Riolo Terme lo Scalogno di Romagna e l’areale dell’Olio Extravergine di Oliva di Brisighella. Più a Sud, a ridosso delle colline adriatiche, un altro oro verde spicca come produzione di grandissima qualità: l’Olio Extravergine di Oliva Colline di Romagna. Sempre in Appennino diverse sono poi le tipologie di carni come l’Agnello di Centro Italia e il Vitellone Bianco dell’Appennino centrale. In tema invece di latticini e formaggi la Romagna mette nel paniere tre grandi prodotti dell’artigianato caseario come la Casciotta d’Urbino (pecorino), il Formaggio di Fossa di Sogliano e soprattutto lo Squacquerone di Romagna. Chiude questo straordinario percorso delle eccellenze due importanti simboli della frutticultura locale come la Pera dell’Emilia-Romagna e la conosciutissima e apprezzata Pesca e Nettarina di Romagna e una vegetale appena entrata la Cipolla dell’Acqua di Santarcangelo. Tra i simboli indiscussi però non si può certo dimenticare la mitica Piadina o Piada Romagnola prodotta in tutte le province di Rimini, Forlì-Cesena, Ravenna e Bologna.
PRESIDI SLOW
In Emilia-Romagna da oltre vent’anni Slow Food realizza progetti di tutela della biodiversità. Lo fa sia guadando razze animali siai prodotti trasformati, materie prime e vegetali disseminate nel territorio. In Romagna i presìdi animali contano la Razza bovina romagnola, la Razza suina mora romagnola e, da pochi mesi, il Pollo romagnolo. Sui formaggi, invece, il territorio conta il Raviggiolo dell’Appennino tosco-romagnolo, i vegetali come la Pera cocomerina, la Pesca dal buco incavato di Massa Lombarda fino ad arrivare al Sale marino artigianale di Cervia e due realtà appartenenti al Presidio nazionale Olivi Secolari.
I VINI
La zona vitivinicola della Romagna è vasta passando dai litorali riminesi arriva fino alle porte del capoluogo di regione, Bologna. Un percorso da Sud-Est a Nord-Ovest che si dipana attraverso lo spartiacque, o forse sarebbe meglio dire lo «spartivino» della via Emilia, che prevede a Sud di essa l’Appennino con i suoi vini di alta qualità con produzioni relativamente basse e, a Nord della stessa, un «lativigneto» fortemente vocato al concetto di conferimento sociale delle uve con altissime rese per ettaro. Ma non mancano anche realtà e aziende che sulla qualità dell’imbottigliato puntano sempre di più cercando anche e soprattutto di promuovere e valorizzare vitigni autoctoni e salvati dall’estinzione. Al di là dei due portabandiera indiscussi delle Denominazioni enoiche della Romagna, per il bianco la Docg Albana e per il rosso la Doc Sangiovese, ci sono altre 14 certificazioni. In totale quindi se ne hanno 16 di cui 12 sono Doc e le restanti 4 sono Igt. Le Igt hanno ovviamente tutti riferimenti geografici (Rubicone, Forlì, Ravenna, Sillaro) mentre le Doc si dividono tra riferimenti al vitigno, riferimenti alla tipologia e anche alla collocazione geografica. Le 12 Doc vedono quindi 5 citare il nome del vitigno (Sangiovese, Albana, Trebbiano, Pagadebit, Cagnina), 1 riferita al vitigno con specifica metodologia (Albana Spumante) e 2 relative alla vinificazione (Spumante e Bianco, Rosso e Rosato doc). Infine per quanto concerne la denominazione riferita a posizionamento geografico, in Romagna se ne contano 4 (Colli d’Imola, Colli di Faenza, Colli della Romagna centrale e Rimini).
LE STRADE
All’interno della promozione di questo inestimabile valore esistono anche strutture specifiche che raggruppano aziende ed istituzioni. Si chiamano Strade dei Sapori. In Romagna oggi ne esistono tre e sono veicolo e strumento efficace di aiuto per la ricosnocibilità regionale nel mondo: Strada del Sangiovese-Strada dei vini e dei sapori delle colline di Faenza, Strada dei vini e dei sapori dei colli di Forlì e Cesena e, infine, Strada dei vini e dei sapori dei colli di Rimini.
COSA SONO LE DOP E LE IGP
I vini e i prodotti a Denominazione di origine protetta (Dop), a Indicazione geografica protetta (Igp) e le Specialità tradizionali garantite (Stg) sono tutti quei prodotti che hanno un legame indissolubile con l’area geografica e con la metodologia di produzione. Area che solitamente è, per sua natura, da proteggere e limitata. Per ottenere il riconoscimento della Denominazione o dell’Indicazione si deve seguire un iter ben preciso. Dop, Igp e Stg sono denominazioni che identificano produzioni agricole e alimentari che devono la propria qualità principalmente al luogo di origine o al metodo tradizionale di produzione. Dop a e Igp sono le sigle che identificano i prodotti che hanno qualità o reputazione date da luogo della loro origine, mentre Stg identifica un metodo produttivo tradizionale. La Regione partecipa al processo di registrazione delle Dop, delle Igp e delle Stg, valutando le richieste che vengono presentate dai produttori. Perché esse siano registrate sono necessari il parere del Ministero delle politiche agricole alimentari e la decisione finale da parte dell’Unione europea. Le denominazioni registrate sono garantite da un sistema di controllo e certificazione, con l’applicazione di specifici piani di controllo. Relativamente alle disposizioni previste nei disciplinari di produzione in vigore sul vino, la Regione può, su proposta dei Consorzi di tutela e sentite le organizzazioni professionali di categoria: in annate climaticamente favorevoli aumentare sino ad un massimo del 20% le rese massime di uva e di vino stabilite dal disciplinare. L’esubero può essere destinato a riserva vendemmiale. Al contrario in annate climaticamente sfavorevoli, ridurre le rese massime di uva e di vino consentite sino al limite reale dell’annata. Sul vino le Dop si classificano in: vini a Denominazioni di origine controllata e garantita (Docg) e vini a Denominazioni di origine controllata (Doc). I termini Docg e Doc sono menzioni specifiche tradizionali riconosciute dall’Unione europea. Le Igp comprendono le Indicazioni geografiche tipiche (Igt).