A Ravenna Andrea Manciulli (Fondazione Med-Or) racconta 'Il nemico silente': «Lo jihadismo prolifera nel web, l'Europa pacifichi il Sahel»

Emilia Romagna | 14 Marzo 2024 Mappamondo
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Manuel Poletti - “Dobbiamo curare particolarmente il Sahel, nell’africa subsahariana, lì si gioca una fetta importante della crescita dello jihadismo. L’Europa scenda in campo per provare ad ottenere la pacificazione di quella porzione dell’Africa e così facendo otterrebbe già una buona operazione di prevenzione per tutta il nostro continente”.
Andrea Manciulli, direttore delle Relazioni Istituzionali della Fondazione Med-Or, sarà a Ravenna venerdì 15 (ore 18) alla sala Baldini della Provincia. Qui presenta il suo report sullo stato attuale delle minacce legate al terrorismo e al radicalismo di matrice jihadista nello spazio geopolitico e geografico del Mediterraneo allargato.
Manciulli, perché definisce lo jihadismo «Il nemico silente»? Prima la Pandemia poi soprattutto la guerra in Ucraina hanno fatto calare il silenzio mediatico su questa minaccia contemporanea per l’Occidente. E’ così?
«Negli ultimi anni è stato evidente a molti analisti ed esperti del tema come vi sia stato un sostanziale mutamento del fenomeno terroristico, che ha visto una sua sempre maggiore diffusione spesso in parallelo a fenomeni di natura diversa dai cambiamenti climatici ai conflitti interni ai singoli paesi, a forme di criminalità locali. “Il nemico silente” chiarisce come in futuro sarà ancora più importante elaborare delle strategie di prevenzione e di contrasto adeguate ai mutamenti in corso, sia a livello nazionale ed europeo che in ambito regionale, attraverso il coinvolgimento e la cooperazione con i paesi direttamente coinvolti e le principali organizzazioni internazionali. Il report descrive in maniera dettagliata le evoluzioni presenti del fenomeno jihadista, sia sul piano ideologico che delle organizzazioni terroristiche attualmente operanti in molte aree della regione del Mediterraneo allargato, con una particolare attenzione all’Africa, principale area di incubazione del fenomeno in questa fase storica insieme all’Afghanistan».
Il 7 ottobre 2023 l’attacco terroristico di Hamas ha cambiato qualche cosa? C'è più fermento nella galassia jihadista da quel momento o no?
«L’attacco del 7 ottobre di Hamas ha rappresentato un fattore molto evocativo per tutte le frange che si rifanno allo jihadismo, soprattutto in rete c’è stato un proliferare di annunci e contenuti minacciosi. Si sono attivate molte ‘cellule’, dalla Siria all’Afghanistan. Negli stessi territori  palestinesi ci sono formazioni che si rifanno allo jihadismo di guerra. Bisognerà fare attenzione nel medio periodo, soprattutto in Europa».
L’Italia quanto rischia nel 2024 in questo nuovo contesto?
“In Italia ci sono forze di polizia molto ben formate, che hanno avuto a che fare già negli anni ’70 con il terrorismo di matrice politica, questo si è rilevato un elemento positivo anche per combattere e soprattutto prevenire l’estremismo jihadista in tutti questi anni. Poi nel nostro Paese c’è stata un’immigrazione più recente, diversa da altri paesi, come ad esempio in Francia e Belgio, dove in passato sono avvenuti numerosi attentati”.
A Ravenna c’è la seconda moschea d’Italia per dimensione, ci sono rischi peculiari legati a questo? Quanto incide invece il web nella propoganda jihadista fra i giovani?
“Bisogna sempre fare attenzione a tutti i luoghi, ma come dicevo abbiamo un nostro sistema di prevenzione già molto rodato, quindi Ravenna non è più esposta di altre città o zone d’Italia per via della moschea. Oggi invece la rete è determinante, i giovani fanatici crescono sul web e sui social, frequentano meno luoghi fisici come le moschee. Sarebbe perfino più facile individuarli, invece sul web è più difficile, questa è la sfida impegnativa che l’intelligence sta affrontando”.
 
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