La produzione enoica della Bassa Romagna prova a sfondare nel mercato di nicchia passando dal Vinitaly

Romagna | 20 Aprile 2024 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - Non solo Albana, Sangiovese e Trebbiano. La produzione vitivinicola della Romagna si è infatti presentata all’ultima edizione del Vinitaly portando ancora una volta alla ribalta degli enonauti, appassionati e operatori del settore alcune piccole, ma importanti dal punto di vista della valorizzazione della biodiversità, perle autoctone. Stiamo parlando di produzioni di piccoli produttori della pianura ravennate che prendono il nome di Uve Longanesi (che danno vita al vino Burson) e dell’uva Famoso (che permette la creazione della Rambela). Basse produzioni in termini quantitativi che però non tolgono la curiosità e la voglia di conoscenza soprattutto da parte di chi ha voglia di conoscere il patrimonio tutelato, valorizzato e salvato dell’emozione in calice. Lo conferma Hermes Rusticali, ormai storica voce, seppur anagraficamente molto giovane, di questo lessico enoico. Il titolare della Tenuta Uccellina di Russi, infatti, conferma come «in questa edizione del Vinitaly abbiamo notato, seppur ancora con numeri relativamente contenuti, un crescente interesse, sia nazionale che internazionale, verso una produzione romagnola particolare come quella dell’areale del Famoso e del Longanesi. Una curiosità - spiega Rusticali - che dalla domenica al mercoledì si è vissuta quasi costantemente». A colpire sono soprattutto le caratteristiche che emergono dall’assaggio nelle diverse tipologie di vino proposte. «Se la Rambela (il Famoso, ndr) colpisce per la sua timbrica semi aromatica - sottolinea il giovane produttore - soprattutto nella versione spumante, con una bella acidità e una capacità sorprendente di abbinamento con il cibo; dall’altra parte per quanto riguarda il signore dei rossi del nostro territorio, il Burson (Uve Longanesi) viene apprezzato per la sua forza e la sua grande complessità». C’è sicuramente tanta strada da fare, anche perché il Consorzio Il Bagnacavallo, che raggruppa i non certo tanti produttori di questo territorio, è ancora in una fase di nuova spinta e cambiamento nei termini della permeabilità comunicativa, ma qualcosa sembra muoversi. E’ sempre Rusticali a confermarlo. «Nei giorni scorsi a Verona abbiamo intercettato alcuni buyer, italiani ma anche e soprattutto esteri, che si sono voluti confrontare con questi due vini. In alcuni casi, soprattutto i danesi, sono rimasti folgorati dalle tipologie presenti della Rambela. Un vino che a detta loro si sposa bene con la tradizione culinaria, di palato e gastronomica di quella parte di Europa. Vediamo se da queste premesse - confida l’enologo russiano - porteranno poi a ordini e concretizzazioni commerciali». E’ la lingua dell’autenticità che si vuole promuovere e valorizzare. «Per far questo - aggiunge il titolare de l’Uccellina - stiamo cercando veramente di spingere su un racconto autentico di storia, territorio e cultura.  Un’ulteriore possibile visto che oggi il vino bisogna raccontarlo attraverso aspetti che sposino territorialità, autenticità, per quanto possibile unicità e anche un po’ di poesia, realistica ma comunque che permetta di conoscere aspetti organolettici, vitivinicoli e gustativi nuovi. Senza mai comunque perdere il primo vero grande prerequisito chiamato qualità». Infine quindi le aspettative e le necessità per questa identitaria rappresentazione vinicola del territorio chiede che «si prosegua, in primis all’interno del Consorzio di cui facciamo parte, ma anche e soprattutto attraverso le strutture di rappresentanza superiori, in questa strada che permetta non solo al vino romagnolo di farsi conoscere in modo unico ma anche aiutando economie, storie e verità che fanno parte di un patrimonio comune e condiviso».
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