Andrea Laghi, Master del Sangiovese, sul vitigno simbolo di Romagna: «E’ un grande interprete del territorio, che va comunicato»

Romagna | 01 Aprile 2024 Le vie del gusto
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Riccardo Isola - Il Master del Sangiovese torna a parlare romagnolo. Dopo alcuni anni in cui la disfida tra sommelier d’Italia dedicata al principe assoluto della vigna di queste terre era finita oltre i confini del Passatore, l’edizione di quest’anno è tornata a casa. A vincere il concorso, infatti, è stato il trentunenne, originario di Bellaria, Andrea Laghi. Ma non solo il migliore degustatore del Sangiovese romagnolo è romagnolo, quest’anno l’intero podio è stato conquistato da professionisti «autoctoni». Subito dietro Laghi è arrivato, infatti, il cesenate Andrea Peruzzi mentre terzo il riccionese Marco Curzi. L’incontro tra vino e Andrea arriva in funzione della famiglia, gestrice di un ristorante e albergo dove lo stesso giovane trentunenne lavora.
Laghi cosa significa essere Master del Sangiovese da romagnolo doc?
«E’ una grande emozione e una grande responsabilità. Tra l’altro è il primo vero concorso nazionale a cui partecipo come sommelier Ais, sono partito con i corsi nel settembre del 2021 quindi sono fresco di ‘diploma’ arrivato nel 2023, e questo mi dà ulteriore forza e determinazione a proseguire nella missione di raccontare il vino in modo appassionato».
Cosa l'aspetta adesso come Master?
«Mi metto totalmente a disposizione del Consorzio e dell’Ais, ovviamente, per fare da testimonial in tutte le occasioni possibili per raccontare quanto di straordinario ci sia oggi nell’universo del Sangiovese della Romagna. Dobbiamo fare uscire la percezione che la Romagna sia ancora e solo quantità».
Alla luce dell’esperienza acquisita, seppur giovane, qual è il giudizio sullo stato dell’arte del Romagna Sangiovese Doc oggi?
«Il Sangiovese per me è casa, quel sapore che mi riporta in una fase emotiva personale perché il vino che ho sempre bevuto e apprezzata. Dal punto di vista qualitativo oggi è davvero una personalità alta e importante. Il nostro Sangiovese non deve avere paura di niente e di nessuno perché ha tutte le carte in tavola per reggere il confronto con i suoi cugini toscani o con qualsiasi altro vino rosso di alta gamma prodotto in Italia».
Cosa manca per fargli fare quel ulteriore e necessario salto in avanti?
«In primis una comunicazione efficace e vera e credo anche che servano comunicatori che sappiano aiutare il consumatore a comprendere meglio le sfumature e le caratteristiche di questo grande vino di Romagna. Nelle sue diverse espressioni i nostri Sangiovese sono perfetti protagonisti della tavola, dal pesce fino alle carni più importanti, dobbiamo riuscire a farlo comprendere sempre di più».
La Romagna dal 2011 e poi con la ridefinizione delle Sottozone per il Sangiovese sta andando in questa direzione?
«Le sottozone sono un grandissimo valore aggiunto e soprattutto rappresentano un punto di partenza per un racconto del Sangiovese romagnolo più efficace. Soprattutto in ambito comunicativo. Territori che non sono solo geografici ma anche umani e relazionali. Associazioni di produttori come quelli di Modigliana, di Predappio, più recentemente i riminesi e poi i brisighellesi, ci dicono che questa è la strada giusta. C’è un’unità d’intenti per il proprio terroir comune che cerca comunque di valorizzare anche le necessarie differenziazioni stilistiche, le personalizzazioni aziendali che sono un ulteriore valore in questo puzzle del Sangiovese che sta, anno dopo anno, crescendo in qualità».
Quali sono i punti di forza del Romagna Sangiovese e quali i suoi limiti?
«Abbiamo un vino di grande corpo, di stabilità nel tempo e un grande lettore del territorio. Qualche limite c’è nella sua comunicazione, soprattutto nei confronti della vicina Toscana, ed è su questo che si deve lavorare. Non parliamo poi della sua riconoscibilità che dovrebbe arrivare soprattutto nella parte costiera, gli operatori turistici fanno fatica a promuovere i nostri vini, e quindi il Sangiovese, forse perché per troppo tempo non ne hanno voluto seguire la sua evoluzione qualitativa».

 
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