Ravenna, i numeri 2017 della Caritas: "Mille famiglie accolte, sempre più italiani"
Marianna Carnoli - «Condividete il Natale con i fratelli che hanno bisogno: invitate un povero in casa vostra amando chi è in difficoltà anche con fatti concreti, non solo con le parole». Così, nella sua lettera di natale, il vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi ha spronato i cittadini a non dimenticare chi sta soffrendo. Sottolineando, anche, come un altro bel gesto potrebbe essere quello di portare vestiti, alimenti, coperte e qualunque altra cosa possa essere d’aiuto in un centro d’ascolto Caritas, luogo dove le persone vengono accolte, ascoltate, indirizzate ed accompagnate.
Sono 747 i nuclei familiari che hanno chiesto aiuto alla Caritas di piazza Duomo a Ravenna, da gennaio a novembre di quest’anno, 2147 persone se si includono i componenti di ogni singola famiglia. «Al 30/11/2017 la percentuale degli italiani è del 42%, in aumento rispetto allo scorso anno quando, al 31/12/16, era del 38,5%». Raffaella Bazzoni, coordinatrice del centro Caritas diocesano ci fa il quadro del massiccio lavoro svolto quotidianamente dall’associazione che non solo offre orientamento, ma anche aiuto concreto per la richiesta di cibo, i pagamenti dei ticket e dei medicinali nonchè delle utenze.
747 famiglie aiutate nel 2017
«Come Caritas cerchiamo di considerare la persona nel suo complesso, all’interno di un sistema e di una famiglia. Cerchiamo di seguire lo sviluppo di ogni nucleo che si rivolge a noi in modo integrale, con progetti in collaborazione con quelle parrocchie ed oratori che dispongono di un punto di ascolto. Le parrocchie lavorano molto sulla vicinanza e riescono ad essere più accanto alle persone, in modo più diretto: i bambini vanno all’oratorio, i genitori al centro d’ascolto, quindi aiutare la famiglia nella sua totalità. Abbiamo notato, anche quest’anno, che la povertà è inversamente proporzionale alla fascia d’età, ossia diminuisce quando questa aumenta: dei 747 nuclei incontrati, per quanto riguarda gli italiani, 209 hanno un capofamiglia tra i 35 e i 44 anni, 179 tra i 45 e i 54 e 153 tra 25 e 34. Per quanto riguarda gli stranieri, invece 133 hanno un’età compresa tra 35 e 44 anni, 126 tra 25 e 34 anni e 79 tra 45 e 54 anni. Un dato preoccupante se consideriamo che le fasce più numerose sono quelle in cui il capofamiglia è in età da lavoro, ma è l’occupazione che manca. I nostri sono dati parziali perché mancano quelli dei centri d’ascolto delle parrocchie e degli oratori comunque ‘in linea’ con i loro».
Povertà silenziosa
Al centro diocesano arrivano anche molti italiani in fascia 65/74 anni, una povertà diversa la loro: silenziosa e vissuta in casa, perché principalmente legata ad una carenza relazionale e alla solitudine. «Tra gli italiani la Caritas è l’ultima spiaggia, dopo la rete parentale, ma per gli stranieri che, spesso, non hanno nessuno, siamo il primo posto dove cercare aiuto, se in difficoltà». Negli ultimi anni, dopo la crisi del 2008, abbiamo rilevato un cronicizzarsi di molte situazioni ed una multiproblematicità che caratterizza la maggior parte delle famiglie». Se, inizialmente, ci si rivolgeva alla Caritas solo per il cibo, poi molti hanno perso il lavoro, si sono ammalati e la loro situazione è diventata più complessa pertanto, per loro, il centro d’ascolto studia una progettualità più a lungo termine.
«La presenza di figli aumenta la fragilità economica e i nuclei che si spezzano per separazioni e divorzi vivono situazioni di sempre maggiore difficoltà. Per questo auspichiamo che vengano introdotte al più presto tariffe più eque, a livello nazionale ed ovviamente anche locale, per tutelare le famiglie e render loro più semplice la quotidianità».
Stranieri e over 55 in crisi
Preoccupante la situazione di molti over 55, più di 110 nuclei familiari italiani, che per svariati motivi hanno lasciato il lavoro, non hanno ancora maturato l’anzianità pensionistica e non riescono a reinserirsi nel mercato occupazionale. Dei 747 nuclei che si sono rivolti a noi, 146 (41 italiani, 100 stranieri e 5 con doppia cittadinanza) avevano un’occupazione ‘working poor’, un lavoro precario o a chiamata che non consentiva loro di mantenere degnamente la famiglia. «Diversi stranieri, soprattutto africani, hanno preferito rimpatriare moglie e figli e rimanere da soli in Italia, oppure intere famiglie sono emigrate nel Nord Europa dove, ci hanno riferito, è più facile trovare lavoro».
Le diverse nazionalità
Rispetto al 2016 in cui il centro d’ascolto contava persone di 56 nazionalità diverse che si erano rivolte a loro, nel 2017 sono scese a 52: 315 nuclei italiani, 116 nigeriani, 67 marocchini, 41 albanesi, 33 rumeni, 27 senegalesi, 20 tunisini, 14 ucraini ed altre nazionalità con meno di 10 nuclei ognuna.
I tipi di aiuto richiesti
«Al 30/11 i pacchi viveri consegnati sono 2800 – ha spiegato la coordinatrice Bazzoni- leggermente in calo rispetto al 2015 e al 2016 e dovuto sia ad un miglioramento contenuto di alcune situazione che al piccolo calo delle famiglie aiutate, soprattutto, invece, al cambio di criteri di invio da parte dei servizi sociali. Il motivo principale per cui le persone si rivolgono a noi è la mancanza di cibo poi ci sono il lavoro e la casa. Tanti non riescono a pagare affitti divenuti troppo cari, molti hanno la casa di proprietà all’asta perché non sono riusciti a pagare il mutuo». Altri, infine, chiedono aiuto per il pagamento di utenze, ticket e farmaci e, spesso, dichiarano di non potersi curare perché impossibilitati a pagare i medicinali prescritti loro dai medici».