Omicidio Ballestri, Cagnoni chiede nuovamente i domiciliari. La Corte si riserva la decisione
L'ultima udienza del 2017 del processo che vede Matteo Cagnoni imputato per l'omicidio della moglie Giulia Ballestri s'è conclusa con una nuova richiesta dei domiciliari da parte del suo avvocato difensore, Giovanni Trombini. "Chiedo alla corte di valutare l'attuale condizione custodiaria del mio assistito, una custodia che mi pare un'anticipazione di pena. E' in carcere dal 19 settembre dello scorso anno e vi chiedo se una custodia così lunga non possa aver esplicato un'efficacia dissuasiva. Questa difesa chiede alla corte di valutare una forma alternativa di detenzione ossia i domiciliari con braccialetto elettronico in un appartamento in centro città già affittato dal fratello dell'imputato che lo manterrebbe. Non ravvisiamo sussistano le condizioni tali da poter pensare ad un'eventuale reiterazione di reato, ad un inquinamento probatorio o ad una fuga visto che, quando fuggì a Firenze lo fece per un attacco di panico, patologia di cui soffriva e di cui ha parlato in aula anche lo psicologo che lo ebbe in cura diversi anni fa. Una sintomatologia che, quando arriva, lo rende incapace di star fermo e lo porta ad una depersonalizzazione, a non capire dove si trovi". Di diverso avviso il pm Cristina D'Aniello che ha dato parere negativo alla concessione dei domiciliari "tenuto conto della gravità indiziaria e probatoria dirompente a carico di Cagnoni emersa in queste nove udienze e che, se chiudessimo oggi il processo porterebbe ad una sentenza di condanna. L'idea che possa fuggire all'estero non è solo una suggestione della Procura, considerato il biglietto del parcheggio dell'aeroporto di Bologna che abbiamo trovato nella sua auto e datato 18 settembre 2016 dove si era recato con una valigia piena di suoi effetti personali, prima che venisse scoperto il cadavere della moglie. Pensiamo piuttosto che il suo piano di fuga sia stato 'rovinato' dalla polizia giudiziaria che ha bussato alla sua porta di Firenze". Il pm ha anche sottolineato come, quella notte, Cagnoni fuggì due volte: la prima uscendo dalla finestra del primo piano della casa poi, fermato da una pattuglia per strada, si divincolò per scappare ancora. "E non per un attacco di panico, incapace di capire chi fosse o dove fosse, ma ben lucido e intenzionato a sfuggire alle forze dell'ordine che sapeva lo stavano cercando per l'omicidio della moglie". Sul rischio di inquinamento probatorio il Pm ha, invece, spiegato come nelle tante lettere inviate dal carcere agli amici, Cagnoni abbia sempre dato una versione falsata dei fatti e in quella spedita a processo in corso al Corriere di Romagna, abbia commentato le deposizione dei testimoni mettendo loro in bocca cose che non erano mai state dette "per mandare messaggi ai testi ancora da sentire". Come che il fratello di Giulia avrebbe dichiarato che la sera in cui entrò con la polizia nella villa del delitto, la porta del terrazzo era aperta. Infine, per il pericolo di reiterazione del reato il Pm ha spiegato come "nessun estraneo avrebbe infierito in quel modo sulla vittima, ma solo qualcuno che provava un odio profondo e voleva distruggere Giulia. Un delutto che non è stato compiuto in un raptus, ma premeditato ed organizzato". Una rabbia che, secondo il Pm, non è sopita e Cagnoni l'ha dimostrato anche nell'ultima udienza quando, non solo ha dato della "vacca" alla suocera seduta dietro di lui in aula, ma è quasi arrivato alle mani con il cognato urlando alla polizia giudiziaria che li ha divisi "toglietemi le mani di dosso".