Anche nelle realtà solide e consolidate, la crisi dei consumi si fa sentire. L’ultima, in ordine di tempo, è la storica Irca di Lugo, impresa specializzata nella macellazione di bovini, ovini ed equini che quest’anno compie 60 anni (fu infatti fondata nel 1954). E’ di questi giorni infatti la decisione di chiudere il macello: resterà aperta solo la macelleria che cambia ragione sociale in «The butcher shop» (traduzione letterale in inglese). Il titolare Giampiero Marzetti, da 45 anni in azienda, ha presentato la richiesta di concordato in bianco per l’Irca. Contestualmente sono state attivate tutte le procedure necessarie per garantire gli ammortizzatori sociali.
«La decisione di presentare il concordato in bianco è stata sofferta e dolorosa: l’azienda è in piedi da 60 anni e ci lavoro da 45 - spiega il titolare Gian Piero Marzetti -. Abbiamo sempre dato da lavorare e mangiare a una quarantina di famiglie, dover fare questa decisione di chiudere una parte dell’azienda e licenziare 26 persone non è stato facile. Per i dipendenti che non rimarranno sicuramente metteremo in campo tutti gli ammortizzatori possibili, a partire dalla cassa integrazione. Il mio stato d’animo? Non me lo chieda. Sono chiaramente triste e amareggiato».
La causa della crisi è facile immaginarla, ossia il calo dei consumi dovuto alla contrazione del potere d’acquisto, in modo particolare quello della carne rossa (in cui il macello dell’Irca lavorava) di circa un terzo negli ultimi anni.
I numeri sono chiari: «Nel 2011 abbiamo avuto un fatturato di circa 20 milioni di euro, nel 2012 è sceso a 17,5 milioni e nel 2013 si è abbassato ulteriormente a 12 milioni - continua Marzetti -. Dai 15mila capi che macellavamo, siamo passati in pochi anni a circa 7mila. La carne rossa costa 15-20 euro al chilo e i consumatori si sono orientati su quella bianca, decisamente più economica. Con un calo del consumo superiore al 30%, la grande distribuzione organizzata si è concentrata sui macelli di grandi dimensioni. A questo si aggiunge il calo del macellaio tradizionale e l’allungamento dei tempi di pagamento. Inoltre molti discount, che competono sul primo prezzo, comprano la carne dall’estero che costa meno».
Detto della macelleria «che rimane aperta col nome The butcher shop, nella quale abbiamo assunto anche un paio di dipendenti del macello - prosegue Marzetti -, il futuro dello stabilimento è ancora tutto da stabilire. Sabato abbiamo avuto una visita di un imprenditore austriaco. Altri ne avremo in futuro. Ora è presto per parlare di una soluzione, sicuramente la proporremo per avviarla come piattaforma o come macello a chi sarà interessato».
«Siamo stati chiamati dalla proprietà poco più di una settimana fa e ci ha comunicato la decisione - spiega Laura Mazzesi della Flai Cgil -. A fine gennaio avevamo firmato un accordo di 13 settimane per cassa integrazione ordinaria a 20 ore di lavoro e 20 di cassa, ma di questa intenzione non se ne era accennato. Sono chiare le difficoltà dell’azienda dovute al calo dei consumi, ora cerchiamo una soluzione. Chiederemo la cassa integrazione straordinaria ministeriale, in deroga per gli apprendisti e un accesso alla mobilità volontaria».
Christian Fossi