Casola, lo speleologo Benassi a caccia del «mostro d'acqua»
Sette esploratori dell’oscurità ipogea sono pronti per una nuova avventura. Cinque speleologi italiani, il casolano di adozione Andrea Benassi assieme a Thomas Pasquini, Paolo Turrini, Ivan Vicenzi, Katia Zampatti e i francesi Marc Faverjon e Gilles Connes, dal 4 al 28 agosto, voleranno nell’isola di Seram. L’Isola oceanica, impreziosita dalle impenetrabili foreste delle Molucche è la meta scelta dalla squadra di indagatori del buio per domare e, perché no, scoprire nuovi ed enormi vuoti scavati dal millenario scorrere dei maestosi fiumi indonesiani.
Si tratta della seconda spedizione, dopo quella effettuata nel 2015 attraverso i fiumi Sapalewa e Hanoe, che Benassi assieme ad altri colleghi effettuano in queste terre madri di potenti e profonde cavità naturali. «Gli obiettivi di questa spedizione scientifica - spiega lo stesso speleologo - sono principalmente tre. Il primo è ritornare ad esplorare i trafori presenti nel Seram occidentale lasciati in sospeso dalla precedente spedizione. Il secondo è quello di riuscire a penetrare e magari scoprire qualcosa di più sull’evoluzione sotterranea della grotta del Goa Hatu Saka. Una grotta - sottolinea Benassi - in cui il solo ingresso è rappresentato da un pozzo verticale di quasi 400 metri di sviluppo e che, salvo una spedizione abortita nel 1999 da parte di alcuni speleo australiani, non ha mai visto la presenza di uomini al proprio interno. L’ultimo - prosegue - se i tempi ce lo permetteranno è quello di volare fino in Papua per cercare di esplorare uno dei più grandi fiumi sotterranei esistenti sulla Terra e mai esplorato». In questo caso si tratta dell’Aouk river. Un «mostro» di acqua, rapide e portate mai calcolate con esattezza, ma che si stima abbia caratteristiche da primato: circa 40 metri cubi di acqua al secondo di media che potrebbe moltiplicarsi anche diverse centinaia di volte a seconda delle precipitazioni effettivamente avvenute. Un fiume che conta un bacino idrografico di circa 600 km quadrati e uno sviluppo di oltre 6,6 Km. Per fare un confronto con il nostro territorio, l’elemento di maggiore interesse carsico presente nel Parco della Vena dei Gessi romagnola ed uno dei più interessanti, nei nostri gessi, a livello europeo, è il bacino del rio Stella-Basino: uno sviluppo in linea d’aria tra ingresso e uscita di 600/700 metri in un bacino idrografico che raggiunge un paio di chilometri di estensione. Il progetto, inserito nell’ambito dell’Onderardesche Loop Project prevede così l’esplorazione e la documentazione dei sistemi carsici presenti nella valle del fiume nel distretto di Maybrat, nella provincia indonesiana di Papua Barat.
La spedizione ricopre un ruolo scientifico importante. L’esplorazione, infatti, trova l’appoggio dei ministeri delle Risorse energetiche e minerarie e del ministero dell’Ambiente dell’Indonesia. Una partnership propedeutica alla mappatura di future riserve e geo siti ufficiali. Le difficoltà non mancano. «Questi luoghi - spiega lo speleologo casolano - sono impervi, scarsamente abitati. La situazione climatica, in questo periodo è di solito felice, anche se usciamo dal periodo delle piogge e quindi non sappiamo esattamente come troveremo i fiumi. Spostarsi e campeggiare in mezzo alla foresta non è cosa semplice, ma del resto - prosegue - se non fosse così non sarebbero esplorazioni».